IVA SU NATANTI E IMBARCAZIONI
Le procedure per gli acquisti intracomunitari sono disciplinate dal DL.
30.893 n. 331, convertito in legge 29.10.93 n. 427, pubblicata sulla Serie
generale n. 203 della Gazzetta Ufficiale del 308.93, recante “l’armonizzazione
della disciplina... in materia di Iva con quelle recate da direttive CEE”.
La suddetta legge indica, tra l’altro, come acquisti intracomunitari
“gli acquisti a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi (tra essi
anche le barche n.d.r.) o spediti da altro Stato membro, anche se il
cedente non è soggetto di imposta e anche se non effettuati nell’esercizio
di imprese, arti e professioni”. E poi specifica che “costituiscono
mezzi di trasporto le imbarcazioni nuove di lunghezza superiore a m 7,5,
escluse le imbarcazioni destinate all’esercizio di attività commerciali
o della pesca o a operazioni di salvataggio o assistenza in mare”.
Infine classifica come usate le imbarcazioni che rispondano a una duplice
condizione: “abbiano navigato per almeno 100 ore” ... “e la cessione
sia effettuata decorso il termine di tre mesi dalla data di prima
immatricolazione o iscrizione sui pubblici registri o altri provvedimenti
equipollenti”.
In pratica, l’acquisto del nuovo tra un cantiere o un broker e un
compratore privato dal 1993 è possibile senza la richiesta di particolari
autorizzazioni, allorché nel paese d’origine sia stato assolto il
pagamento dell’Iva, che risulta dalla fattura emessa dal venditore dell’unità.
Se invece, per qualsiasi ragione, l’Iva nel paese di origine non sia
stata pagata, l’acquirente deve sottostare all’Iva nazionale. Tale
imbarcazione, comperata in uno dei paesi dell’Unione Europea, può poi
navigare senza formalità nelle acque di tutti i paesi comunitari e ogni
cittadino dell’Unione può liberamente assumerne il comando. Così il
cittadino italiano può acquistare una barca costruita in Francia,
Germania, Gran Bretagna o Spagna, tanto per restare nei casi più comuni
in ambito nautico, e poi portarla in Italia e navigare senza problemi o
darla in locazione e noleggio, con le stesse modalità previste per quelle
di bandiera italiana. E viceversa.
Non vi è alcun problema di bandiera, cioè non è obbligatorio iscrivere
al RID un’unità acquistata in ambito comunitario. La barca può
rimanere sotto quella bandiera senza infrangere le leggi italiane. L’unica
richiesta dei nostri uffici finanziari riguarda il valore: se l’acquisto
non supera i 20 milioni si può pagare anche in contanti, se supera i 20
milioni il pagamento va effettuato a mezzo banca. Ciò essenzialmente per
evitare il riciclo di denaro sporco. E’ evidente che la barca deve avere
comunque una bandiera comunitaria. Queste regole sono in vigore dal 1993,
come indicato sopra, e interpretazioni diverse non sono valide. Ne abbiamo
chiesto conferma sia alla Divisione Nautica da diporto della Direzione
Generale del Naviglio del Ministero dei Trasporti, che alla Guardia di
Finanza di Civitavecchia e alla Circoscrizione Doganale di Roma 1.
Quindi, nessun timore neppure per il leasing. Infatti, quando si acquista
una barca col leasing, l’Iva allo Stato viene pagata immediatamente e l’adempimento
vale nell’ambito di tutta l’Unione Europea. Che poi una parte dell’Iva
venga rimborsata al finanziatore per incentivare il mercato, quella è un’agevolazione
che la normativa francese assicura alle società di leasing e queste l’utilizzano
a loro volta per offrire migliori condizioni all’utente, riducendogli in
maniera più o meno ampia gli interessi. Ma l’Iva comunque è stata
pagata all’origine dell’operazione di finanziamento e da quel momento
l’unità può navigare liberamente in ambito comunitario. L’iscrizione
sui registri francesi delle imbarcazioni da diporto e conseguentemente la
bandiera sono la garanzia dell’istituto finanziario per una eventuale
insolvenza dell’acquirente. Solo terminato il leasing, l’utente
diventa realmente proprietario dell’unità e a quel punto, se la
legislazione locale lo consente, l’imbarcazione mantiene quella
bandiera, altrimenti l’armatore deve cambiarla e torna nel caso dell’acquirente
italiano, sui registri italiani. Ma ciò nei riguardi dell’Iva è
ininfluente. Per quanto riguarda invece l’usato, i natanti acquistati
nell’ambito dell’ Unione Europea, che non sono iscritti e per i quali
la proprietà è costituita dal possesso, possono essere trasferiti in
tale ambito senza alcuna formalità. La legge italiana prende in
considerazione solo le imbarcazioni immatricolate, iscritte sui registri
di uno stato comunitario. Anche esse possono essere comandate senza
formalità da un cittadino italiano nell’ambito dell’Unione Europea.
In Italia, non c’è pagamento di Iva nel passaggio di proprietà di un’imbarcazione
usata tra privati, mentre se il passaggio avviene tra due società, chi
vende è costretto a emettere una fattura (che viene registrata nella
contabilità di chi vende e di chi acquista) e ciò consente lo scarico
dell’Iva. Invece nel caso di vendita tra privato (esente) e società, la
società emette un’autofattura, comprensiva dell’Iva, alla quale va
allegata una dichiarazione del privato che ha ceduto l’unità da diporto
(o anche un motore). Viceversa, la società che vende una barca usata a un
privato emette regolare fattura e il privato paga quanto meno un’Iva
già compresa nel prezzo pattuito. Infine, per le unità provenienti dai
Paesi non comunitari, la regolarizzazione dell’importazione definitiva
avviene con l’iscrizione dell’unità nei registri nazionali, Fino al
31.12.1992 le unità da diporto, battenti bandiera straniera (sia
comunitaria che extra comunitaria), quando entravano nelle acque nazionali
e per tutta la durata della loro permanenza in Italia, erano sottoposte al
controllo doganale, secondo le norme della Convenzione di Ginevra del
18.51956, relative alla temporanea importazione. Dal 1° gennaio 1993,
tale regime si applica solo alle unità con bandiera extracomunitaria.
REGOLARIZZAZIONE MOTORI DEPOTENZIATI
Com’è noto, il DL. 16.6.94 n. 378, convertito con modificazioni in
legge 8.894 n. 498, cercava di sanare la situazione che si era venuta a
creare con il rilascio del certificato d’uso a motori di potenza
dichiarata di 25 HP, ma con cilindrata libera, che consentiva di erogare
potenze notevolmente maggiori. Molti avevano poi modificato la cilindrata
dichiarata e ottenuto potenze ancora superiori. Poiché si trattava di
qualche decina di migliaia di motori, essenzialmente fuoribordo a miscela,
praticamente fuori legge, si sanò la situazione elevando la potenza
massima dei fuoribordo senza patente a 40.8 FtP, con 750 cc di cilindrata
massima. Con la stessa legge fu stabilito che i contravventori, per sanare
la loro posizione, dovevano presentare una domanda di riaccertamento della
potenza all’ufficio provinciale della MCTC che aveva rilasciato il
certificato d’uso del motore. Per agevolare i diportisti, fu stabilito
che la domanda poteva essere presentata a qualsiasi ufficio della MCTC o
Capitaneria, che avrebbero provveduto poi a inoltrare la richiesta all’ufficio
MCTC competente. La norma stabiliva anche il pagamento di una sanatoria di
L. 500.000, suddivise in quattro versamenti da 125000 lire ciascuno,
rispettivamente per gli anni finanziari ‘94, ‘95, ‘96, ‘97 da
effettuarsi entro il 31 dicembre di ciascun anno. Ricordiamo a tutti i
diportisti che la normativa è vigente tuttora e la sanatoria diventa
obbligatoria soltanto al momento dell’uso del motore. Proprio nella
prospettiva di un pagamento ritardato nel tempo, per il non uso di questi
propulsori per i quali adesso è necessaria la patente, non sono stati
previsti interessi di mora per il ritardato pagamento. Se è intervenuto
un passaggio di proprietà, il nuovo proprietario deve non solo conservare
le ricevute dei pagamenti già effettuati dal venditore, ma completare gli
eventuali versamenti residui a proprio nome. Non importa il nome di chi ha
pagato, possono essere anche quattro nomi diversi, purché riferiti allo
stesso motore, cioè al motore che si sta usando. E naturalmente deve
essere stata presentata la domanda, al competente Ufficio Provinciale
della MGTC, per il riaccertamento della potenza, alla quale andava
allegata la documentazione che segue:
- dichiarazione di conformità rilasciata dalla casa
motoristica, in duplice copia;
- dichiarazione dell’interessato in duplice copia, in carta
semplice, sull’eliminazione dei sistemi di depotenziamento;
- originale e copia autenticata del certificato d’uso in possesso,
da rettificare;
- attestazione del pagamento delle quattro rate da 125.000 per '94, '95,
'96 e '97 con quattro distinti versamenti;
- versamento di L. 20.000 sul c/c 9001 intestato alla Direzione
Generale MCTC - Roma - Diritti per operazioni nautiche;
- attestazione del versamento di L. 20.000 sul c/c 4028, intestato
alla Direzione Generale MCTC - Roma - Imposta di bollo per istanza.
All’utente deve essere stato restituito l’originale del certificato
d’uso con annotata la nuova potenza sia in Cv che in kW, unitamente alla
copia della dichiarazione di conformità rilasciata dalla casa
motoristica, con la raccomandazione di mantenere sempre unite a tale
documentazione le ricevute dei pagamenti effettuati. Essendo scaduta col
1997 la data ultima per effettuare il pagamento della sanatoria,
confermiamo che le 500.000 lire vanno versate tutte insieme, ma con
quattro bollettini distinti per ciascun anno finanziario ‘94, ‘95, 96,
97. I versamenti di L. 125.000 devono essere effettuati su bollettini
Modello CH .8 quater intestati sul c.c.p. dello Stato competente per
territorio con causale: Cap. XV Capitato 3570 “Entrate eventuali e
diverse” del Ministero dei Trasporti e della Navigazione. L’ufficio
restituirà all’utente, come sopra, il certificato d’uso corretto e
copia della dichiarazione di conformità rilasciata dalla casa.
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